È sempre più alta l’attenzione che le istituzioni, italiane ed europee, stanno mettendo nei confronti dei centri di elaborazione dati, meglio noti come Data Center, non solo dal punto di vista strategico-economico, ma ora anche dal punto di vista dei consumi energetici
Nel Mondo iperconnesso in cui viviamo e che cavalca senza sosta la grande rivoluzione del digitale, i dati personali, quelli delle aziende e quelli di tutti i processi IT in generale hanno la necessità di essere conservati e resi disponibili su richiesta. Tutti questi dati, che sembrano fluttuare in un “non-spazio” virtuale, hanno però bisogno di un concretissimo e tangibile spazio fisico dove essere archiviati. I centri di elaborazione dati, alias Data Center, sono luoghi fisici dove al proprio interno si trovano server, unità di archiviazione di dati e apparecchiature di rete. Questi incredibili processori necessitano, come tutte le macchine, di energia per funzionare e, come tutti i processi industriali, il loro funzionamento genera calore.
La corsa alla digitalizzazione in Europa e in Italia diventa di giorno in giorno inarrestabile. Le più grandi industrie digitali del Pianeta stanno quindi investendo risorse per creare nuovi spazi di archiviazione, nuovi Data Center per rispondere alla richiesta crescente di gestione dei dati. La questione di trovare nuovi spazi e nuove risorse sta quindi diventando una problematica più attuale che mai. E nel nostro Continente, questo nuovo boom deve fare i conti con il cammino della decarbonizzazione e sostenibilità.
È annuncio di qualche giorno fa quello del Viceministro all’Ambiente e Sicurezza energetica Vannia Gava, che informa della pubblicazione da parte del MASE di Linee Guida per la realizzazione e la gestione sostenibile dei Data Center. Si tratta di un’iniziativa scaturita da un’attenta analisi che ha portato il Viceministro a dichiarare che “i Data Center rappresentano quasi il 3 % della domanda di elettricità dell’UE” e, prevedendo un crescente aumento di questa richiesta energetica, diventa necessario “indirizzarli verso una maggiore efficienza ai fini della sostenibilità, portando un robusto contributo al raggiungimento degli obiettivi ambientali prefissati”.
Quello della domanda energetica e del conseguente consumo di risorse dei Data Center, è un aspetto di cui finora a livello politico si è parlato poco. Il settore industriale invece si sta già muovendo da diverso tempo in questo campo e negli ultimi anni sono nate importanti sinergie che vedono il settore del teleriscaldamento tra i principali protagonisti. Come noto, il teleriscaldamento è in grado di valorizzare gli sprechi di energia termica facendoli diventare una risorsa per la climatizzazione degli edifici. Laddove c’è la possibilità di recuperare calore di scarto, il teleriscaldamento risponde “presente!”. Non è quindi un caso che questa tecnologia sia stata la prima a trovare nel problema energetico legato al raffreddamento dei Data Center un’importante risorsa per la decarbonizzazione dei consumi per il riscaldamento dei nostri edifici.
Nel Nord Europa troviamo già diversi esempi: nel Regno Unito stanno prendendo forma i progetti di recupero nelle reti di Londra ed Edimburgo; il 10% del calore del teleriscaldamento di Stoccolma è costituito dal calore di scarto di Data Center. In Germania l’associazione del teleriscaldamento AGFW, assieme alle associazioni Bitkon e SDIA hanno siglato una dichiarazione congiunta per promuovere lo sfruttamento del grande potenziale del calore di scarto proveniente dai Data Center.
Laddove l’industria è in fermento, un Governo attento si muove di conseguenza. È quanto avvenuto in Norvegia, dove è stato modificato l’Energy Act per imporre il recupero di calore da processi industriali e Data Center nelle reti di teleriscaldamento. In Francia, la stratégie Énergie-Climat mira a quintuplicare la quantità di calore di scarto da Data Center, per recuperare da 25 a 29 TWh di calore di scarto entro il 2035. La legge del 15 novembre 2021 ha l’obiettivo di ridurre l’impronta carbonica causata dallo sviluppo della tecnologia digitale e, infatti, la legislazione francese dedica diverse misure all’impatto ambientale dei Data Center (riduzione dello spreco di risorse idriche, …) e introduce l’obbligo di recuperare il calore di scarto tramite il teleriscaldamento (art. 28). Anche in Francia sono stati avviati da tempo diversi progetti di recupero grazie alla rete urbana di teleriscaldamento (Saint-Denis, Parigi, Marne-la-Vallée).
In un contesto europeo così in fermento, anche l’Italia cerca di trovare nuove soluzioni. Il primo progetto di recupero di calore di scarto da Data Center sarà fatto da A2A Calore & Servizi, che ha l’obiettivo di integrare entro il 2026 tale calore nel sistema di teleriscaldamento di Milano. A livello politico il nostro Paese sta muovendo qualche timido passo. Nelle Linee Guida pubblicate dal MASE tra i vari suggerimenti in merito alle “soluzioni localizzative” si invita anche a considerare di collocare i nuovi Data Center in “aree dove realizzare economie di sistema, impianti ecosistemici (teleriscaldamento, CER, ecc)”. Recuperare calore di scarto dai centri di elaborazione dati in reti di teleriscaldamento rappresenta un’incredibile opportunità. Come noto, lo Studio condotto dal Politecnico di Milano nel 2023, mostra un enorme potenziale di crescita del teleriscaldamento efficiente italiano e, tra le fonti disponibili sul territorio, il calore di scarto ad alta e medio-bassa temperatura è presente in grandissima abbondanza. In quest’ottica è chiaro che si potrebbe osare di più, creando sinergie vincenti che non solo renderebbero l’Italia più competitiva nel campo della digitalizzazione, ma anche promuoverebbero quella rivoluzione energetica nella decarbonizzazione dei consumi che il nostro Paese ha tra i propri obiettivi futuri, prendendo anche come esempio quanto si sta facendo nel resto d’Europa.