Il terzo Rapporto Teleriscaldamento e teleraffrescamento, pubblicato dal GSE, mostra un quadro delle reti a fine 2019 rimasto quasi invariato. Sarà il Pnrr a dare la spinta giusta?
All’interno della Missione 2 del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica oltre 15 miliardi di euro sono stanziati per l’Efficienza Energetica e Riqualificazione degli Edifici, mission (M2C3) costituita da tre linee di interventi; una di queste è lo sviluppo dei sistemi di teleriscaldamento.
Per “le sue capacità di integrare l’efficienza con l’uso delle fonti rinnovabili, nonché la delocalizzazione e la riduzione delle emissioni inquinanti, in particolare nelle grandi aree urbane” la tecnologia può e deve rivestire un ruolo fondamentale nel raggiungimento degli obiettivi europei in ottica di salvaguardia ambientale.
Un quadro della situazione delle reti in Italia lo offre il terzo Rapporto Teleriscaldamento e teleraffrescamento – Diffusione delle reti ed energia fornita in Italia, rilasciato a inizio giugno dal GSE, che scatta una fotografia a fine 2019. Partendo dai dati rilevati ogni anno ai fini della produzione statistica e integrandoli con le fondamentali rilevazioni fornite da AIRU, il quadro delineato dal report del Gestore dei Servizi Energetici mostra un sistema che, pur evidenziando qualche piccolo sviluppo, non mette in campo tutte le sue potenzialità, così come già rilevato nell’ultimo Annuario del Riscaldamento Urbano.
Questa nuova edizione, strutturata con approfondimenti dedicati alle diverse tipologie di reti, di impianti e di volumetrie servite, mette in risalto come sono sempre maggiori i sistemi che rientrano nella definizione di teleriscaldamento e teleraffrescamento efficiente, secondo la definizione introdotta dalla Direttiva 2012/27/CE (EED – Energy Efficiency Directive). Quei sistemi, cioè, che usano in alternativa almeno il 50 per cento di energia derivante da fonti rinnovabili, il 50 per cento di calore di scarto, il 75 per cento di calore cogenerato, il 50 per cento di una combinazione delle precedenti. Ebbene, il 72% delle reti di teleriscaldamento e il 52% di quelle di teleraffrescamento in esercizio in Italia sono efficienti! Non solo; per la prima volta un sistema è risultato efficiente per effetto del solo recupero di calore di scarto.
Nel complesso queste reti hanno soddisfatto circa il 2 per cento della domanda complessiva di riscaldamento e produzione di acqua calda sanitaria, considerando il solo settore residenziale.
Con 3,4 GW installati, la Lombardia copre il 35 per cento della potenza termica complessiva. Grazie al teleriscaldamento è stata pari a 375 milioni di metri cubi la volumetria riscaldata in Italia nel 2019; di questa, le utenze residenziali hanno rappresentato il 63%, il terziario il 34% e le utenze industriali il 3%.
Lato teleraffrescamento, a fine 2019 erano 33 le reti in esercizio, per una volumetria raffrescata di 8,8 milioni di metri cubi; è la Lombardia la regione in cui si registra la maggiore diffusione.
Il teleriscaldamento efficiente è una tecnologia già pronta e determinante al fine della sostenibilità ambientale, soprattutto nelle aree densamente abitate, che il Pnrr stilato dal Governo Draghi punta finalmente a sostenere: l’Esecutivo ha scelto di finanziare progetti relativi alla costruzione di nuove reti o all’estensione di quelle esistenti e alla costruzione di nuovi impianti per il recupero di calore di scarto, con il 65 per cento delle risorse allocato per le reti (costo 1,3 milioni a km) e il 35 per cento circa dedicato allo sviluppo di nuovi impianti (costo 0,65 milioni a MW). Sviluppo che consentirebbe, sempre secondo i dati del Pnrr, di conseguire benefici energetico-ambientali pari a 20 Ktep annui di energia primaria fossile risparmiata e 0,04 MtCO2 di emissioni evitate nei settori non ETS ogni anno.
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