Toia: “Nel Green Deal per l’Europa non può mancare il teleriscaldamento”

AIRU ha incontrato Patrizia Toia, vicepresidente della Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia al Parlamento Europeo, approfondendo i temi della transizione energetica e gli ambiziosi progetti di decarbonizzazione con orizzonte 2030 e 2050.

In particolare, l’Eurodeputata ha voluto sottolineare l’enorme potenziale ancora non sfruttato offerto dall’uso del calore di scarto.

AIRU inaugura con questa intervista una nuova iniziativa:

una serie di incontri con Eurodeputati italiani

coinvolti direttamente sui temi dell’energia,

dell’ambiente e del cambiamento climatico.

Patrizia Toia è stata la prima ad aderire alla proposta.

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Secondo molti osservatori, i regolamenti e le direttive comunitarie emanati nel corso della precedente legislatura europea – pensiamo al Clean Energy Package – hanno dato una forte spinta alla transizione energetica. La nuova Presidente Ursula von der Leyden ha annunciato all’Europarlamento un Green Deal per l’Europa per ridurre le emissioni di CO2 del 50-55 per cento al 2030, sino ad azzerarle al 2050.

AIRU ha incontrato Patrizia Toia (Gruppo dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici al Parlamento Europeo), vicepresidente della Commissione per l’industria, la ricerca e l’energia per commentare i contenuti di questo ambizioso programma.

 

Quali sono a suo avviso le sfide principali che l’UE dovrà affrontare per traguardare l’obiettivo?

La sfida è quella di associare transazione energetica e crescita sostenibile. Quando si parla di ambiente sono sempre tutti d’accordo in principio, ma l’esperienza degli anni passati ci ha insegnato che se non c’è sufficiente attenzione ai temi dell’economia e del lavoro, l’entusiasmo verde passa velocemente: lo abbiamo visto in Francia con la rivolta dei gilet gialli, scoppiata per le tasse sul carburante. Per questo noi eurodeputati PD e del Gruppo dei Socialisti e Democratici insistiamo da tempo sul tema degli investimenti verdi. Gli obiettivi di riduzione delle emissioni saranno centrati solo se sapremo rilanciare la crescita sostenibile e scommettere su nuove tecnologie, nuovi investimenti e nuova occupazione.

 

L’attenzione dell’opinione pubblica per le politiche di salvaguardia dell’ambiente ha avuto riscontri all’interno dell’urna, con i Verdi che alle europee hanno visto crescere i consensi. È ragionevole ipotizzare che, proprio su politiche energetiche e sostenibilità, schieramenti anche molto distanti tra loro riescano a trovare una convergenza all’interno del nuovo Parlamento europeo?

Sicuramente il risultato dei Verdi alle elezioni europee è stato un segnale per tutti gli altri gruppi politici. Per ottenere risultati concreti, però, non bastano le denunce e gli appelli, ci vuole la capacità di fare un lavoro politico pragmatico con le forze che ci sono in campo e senza arroccarsi su posizioni di principio.

 

I Verdi europei hanno però deciso di non votare la fiducia alla nuova Presidente Ursula von der Leyen, nonostante lei abbia presentato un pacchetto di proposte ambientali molto ambiziose…

Alla fine, per realizzare queste proposte dovremo per forza trovare delle convergenze tra i gruppi più grandi del Parlamento europeo e spero che a quel punto i Verdi vogliano tornare in partita.

 

Lo sviluppo tecnologico potrà accelerare il percorso di decarbonizzazione: pensiamo all’idrogeno, agli accumuli elettrochimici, alle batterie, per citare alcuni esempi. Ma anche a comparti più tradizionali come il teleriscaldamento (si parla oggi di IV generazione). Cosa dovrà fare l’UE per favorire l’affermazione di tecnologie capaci di apportare significativi benefici ambientali?

L’Unione europea ha il compito di creare le migliori condizioni possibili per accelerare la transizione energetica. Innanzitutto completando l’Unione dell’Energia, per evitare inutili frammentazioni di mercato, e poi varando delle legislazioni che incentivino e liberino il potenziali delle nuove tecnologie, come abbiamo fatto al Parlamento europeo con il Clean Energy Package.

 

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Il teleriscaldamento offre la possibilità di estendere la fornitura di calore a intere aree urbane e si configura come flessibile, efficiente e sostenibile (nel 2017, in Italia, ha evitato l’emissione di 1.743.000 tonnellate di CO2). Come è possibile sostenere questo settore, che in Italia si stima possa generare 1 miliardo di euro di investimenti potenziali con lo sviluppo delle reti di teleriscaldamento in nuove aree del Paese?

L’Unione europea deve promuovere e investire fortemente nel teleriscaldamento perché è una delle soluzioni tecnologiche più promettenti e a portata di mano per ridurre le emissioni di CO2. Già nella scorsa legislatura al Parlamento europeo nel testo sulla strategia UE sul riscaldamento abbiamo sottolineato “l’enorme potenziale ancora non sfruttato offerto dall’uso del calore di scarto e dai sistemi di teleriscaldamento, dato che il calore in eccesso disponibile in Europa supera la domanda totale di calore in tutti gli edifici europei e che il 50 per cento della domanda totale di calore nell’UE può essere soddisfatto dal teleriscaldamento”. Ora è necessario che Green Deal per l’Europa della Commissione europea dia risposte concrete a queste indicazioni.